Galantuomini
Il fantasma di Pinelli

di Riccardo Bruno

Il Giudice D’Ambrosio era un fior di galantuomo e come lui i suoi colleghi del pool di mani pulite. Borrelli andava a cavallo e suonava il piano, Colombo scriveva commedie, e magari qualcun altro poesie. Tutti hanno lavorato con equità e scrupolo alle inchieste da loro imbastite con uno zelo che solo il tribunale rivoluzionario di Parigi, due secoli prima era stato capace di mostrare. L’onorevole dottor Di Pietro ospite ieri sera dal dottor Bruno Vespa a “Porta a Porta”, rai 1, appariva un po’ su di giri, quasi fosse lui a trovarsi sul banco degli accusati. Si rilassi: il dottor Vespa è pur sempre un suo estimatore e come ha confermato nell’occasione un estimatore del lavoro svolto dal pool. Un grande professionista come Vespa, all’epoca direttore del Tg 1 per le sue eccezionali qualità giornalistiche, non certo per le relazioni con il sistema dei partiti che il pool era intento a distruggere, offre le dovute garanzie. Un qualche dubbio è però parso affiorare dalle parole di Vespa e forse di questo Di Pietro era turbato. Un dubbio di indulgenza: Vespa lamentava che non fosse stato inquisito Enrico Cuccia, grande esperto di finanza, perché, anche essere esperto di finanza, per chi non lo è affatto, è un crimine. Di Pietro, misericordioso, diceva di no: si può essere esperti di finanza senza per forza essere criminali. Abbiamo salvato la memoria di Cuccia. Ma visto che solo gli dei non commettono errori, forse qualcuno Di Pietro era disposto ad ammetterlo, magari non su Cagliari, non su Moroni, al limite su Gardini. Tutta gente con la coscienza sporca che non sapeva reggere la pressione, ma se Gardini fosse stato arrestato, invece che andarsene a casa sua a Venezia, sarebbe ancora vivo. Si è sentito anche questo ieri sera. Gli storici magari ci diranno meglio un giorno cosa sia stata esattamente Mani pulite e quali effetti di sistema ha avuto. Il pool di Milano ci ha detto che la Repubblica era corrotta, la democrazia era corrotta. Era corrotto Danton, figurarsi se non lo era anche l’onorevole Balzamo. Purtroppo la corruzione non è diminuita anzi è persino aumentata. La strana sensazione è che mentre il pool andava in una direzione, l’Italia andava in un’altra. Altrimenti Berlusconi non avrebbe vinto le elezioni ben tre volte. L’errore, allora, fu di non avocare al pool il potere direttamente: un governo di salute pubblica dove avrebbe regnato la virtù incontrastata. Dispiace. D’altronde non è delle procure rovesciare il mondo come un calzino, fanno quello che possono. Ad esempio, Di Pietro ci ha detto che solo 70 miliardi di 140 della tangente Enimont sono stati rintracciati, gli altri si sono dispersi allo Ior. Speriamo che papa Francesco aiuti a far luce i bravi magistrati. Già si sono trovati in difficoltà con l’ex Pci, che badate il pool inquisì come gli altri partiti, solo che gli ex Pci erano troppo scaltri. Di Pietro e D’Ambrosio scelsero quel partito per farsi eleggere in parlamento, per poterlo meglio investigare, dall’interno. Senza fortuna. Meglio di quella avuta dal giudice Fornero comunque. Perché mai pensare che Mani Pulite non sia stata impresa formidabile? Se proprio volessimo trovare una pagliuzza nel grande occhio della procura di Milano, dovremmo risalire ad un’epoca precedente, quella che concerne la morte di Pinelli. Pinelli non era un corrotto eppure il tribunale di Milano, presieduto dal giudice D’Ambrosio lo considerò un suicida, come Cagliari, come Moroni, come Gardini. E questo nonostante una perizia che dicesse il contrario. La mancata giustizia su Pinelli comportò il farsi giustizia su Calabresi che anche non era uomo corrotto, ma innocente servitore dello Stato, eppure venne ammazzato. E’ questa la storia che precede “mani pulite” e che da la misura del pool e del senso professionale e morale degli uomini che ne fecero parte.

Roma, 2 aprile 2014